Edifici in transizione: alcune riflessioni sugli effetti distributivi dei bonus per l’efficienza energetica
Il settore dell’edilizia è particolarmente rilevante nel percorso europeo di transizione energetica. Stando ai dati della Commissione Europea, il 35% degli edifici ha più di 50 anni, circa il 75% è inefficiente dal punto di vista energetico in relazione alla normativa vigente e il parco immobiliare è responsabile del 35% delle emissioni complessive di gas serra.
Con il Green Deal del 2019 e la normativa sul clima del 2021, l’Unione Europea ha definito un modello di sviluppo sostenibile finalizzato alla neutralità climatica entro il 2050 attraverso un’equa distribuzione di costi e benefici. Il “Fit for 55”, il pacchetto legislativo che sostanzia la Legge sul clima e mira a ridurre del 55% le emissioni entro il 2030, include, tra le altre, misure per l’efficienza e le prestazioni energetiche nell’edilizia.
In Italia il processo di transizione energetica degli edifici si è avviato con la legge finanziaria del 2007 che ha previsto l’introduzione dell’Ecobonus: un’agevolazione fiscale nella forma di detrazione delle spese sostenute per interventi finalizzati all’efficientamento energetico degli edifici, la cui aliquota nel tempo è stata innalzata dal 36 ad un massimo del 65% in funzione della tipologia di lavori eseguiti. L’Ecobonus è stato successivamente corredato dal Sismabonus (DL 63/2013) per interventi riguardanti misure antisismiche rivolte a edifici adibiti a prima abitazione siti in zone sismiche ad alta pericolosità, con aliquote di detrazione del 70 o dell’80% in relazione alla classe di rischio raggiunta, elevate al 75 o 85% per interventi sulle parti comuni di edifici condominiali. Si tratta di due misure che delineano il quadro degli interventi successivamente confluiti nel Superbonus 110% di cui si discuterà nel resto dell’articolo.
Queste misure sono rilevanti non soltanto per il raggiungimento di obiettivi climatici ma anche per mitigare la condizione di vulnerabilità energetica in cui versano numerosi nuclei familiari, determinata da fattori quali reddito, ricchezza familiare, costi dell’energia e, soprattutto, caratteristiche strutturali degli edifici. La componente sociale di queste misure assume, dunque, particolare rilevanza: la “transizione giusta”, definita in ambito europeo, impone di integrare le politiche climatiche con misure per le famiglie economicamente più vulnerabili e a rischio di povertà energetica.
La povertà energetica è definita nel regolamento del Fondo Sociale per il Clima 2023 e nella direttiva sull’Efficienza Energetica come “la mancanza di accesso di una famiglia ai servizi energetici essenziali che garantiscono livelli base e standard di vita e salute dignitosi, inclusi riscaldamento adeguato, acqua calda, raffreddamento, illuminazione ed energia per alimentare gli elettrodomestici, nel contesto nazionale pertinente, con le politiche sociali esistenti e altre politiche rilevanti, causata da una combinazione di fattori, tra cui, ma non limitato a, inaccessibilità economica, reddito disponibile insufficiente, elevata spesa energetica e scarsa efficienza energetica degli edifici”. Si tratta di un fenomeno che colpisce una fascia estesa della popolazione. Si pensi che, in base alle stime Eurostat nel 2022, circa 41 milioni di persone nell’Unione Europea non sono state in grado di riscaldare adeguatamente la propria abitazione.
In Italia, la normativa europea si inserisce in una fase di forte aumento dei prezzi energetici, con un incremento del 71,3% tra giugno 2021 e dicembre 2022 delle spese per abitazioni (Castellini et al. “La povertà energetica in Italia. Rapporto 2023 dell’Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica”). Questo aumento ha colpito soprattutto le famiglie vulnerabili e, per limitarne l’impatto, nel 2022 sono stati rafforzati i trasferimenti monetari alle famiglie in difficoltà. La protezione delle famiglie e dei gruppi economicamente più svantaggiati è di vitale importanza per una democrazia moderna. Ugualmente importante è che alle fasce più vulnerabili della popolazione sia garantito il pieno accesso a misure di medio-lungo termine finalizzate a migliorare le condizioni abitative attraverso l’efficientamento energetico degli edifici. Queste misure, infatti, oltre ad agevolare il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica, agiscono anche indirettamente sui beneficiari mitigando eventuali condizioni di vulnerabilità energetica poiché incidono su una delle sue più importanti determinanti: le caratteristiche strutturali delle abitazioni (cfr. Faiella et al., 2017).
Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia ed il Clima (PNIEC), aggiornato nel 2024, recepisce la normativa europea e prevede interventi di riqualificazione sul 3% degli immobili ogni anno tra il 2025 e il 2030. Il duplice ruolo della transizione (ossia il raggiungimento di target climatici e sociali) si concretizza nel piano di interventi che favoriscono la decarbonizzazione del patrimonio edilizio, migliorano le condizioni di vita delle famiglie attraverso l’accesso a servizi energetici economici, affidabili, sostenibili e moderni (Obiettivo 7 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile).
Per conseguire gli obiettivi del PNIEC, il “Decreto Rilancio” (Decreto-Legge 19 maggio 2020, n. 34), contenente misure per sostenere l’economia italiana durante la pandemia, ha introdotto il Superbonus 110%, elevando appunto al 110% l’aliquota di detrazione prevista dall’Ecobonus e dal Sismabonus. Il Decreto ha anche ampliato le modalità per usufruire del beneficio fiscale introducendo lo sconto in fattura e la cessione del credito d’imposta. Entrambi gli strumenti, inseriti per rendere più equo l’accesso all’incentivo, sono stati aboliti nel 2023 (Decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11).
Al 31 ottobre 2024, l’onere per lo Stato relativamente al Superbonus 110% superava i 120 miliardi di euro. Nell’ambito della transizione giusta, e data l’incidenza sui conti pubblici, è quindi essenziale valutarne gli impatti distributivi. Il profilo distributivo delle detrazioni ammissibili prima dell’introduzione del Superbonus (i.e. Ecobonus e Sismabonus) tra il 2008 e il 2019 mostrava una natura regressiva: il 10% dei contribuenti più ricchi, dotati di proprietà immobiliare e capacità fiscale per anticipare le spese, ha usufruito di metà delle detrazioni (si veda relazione UPB). Anche per il Superbonus 110%, che agisce, fra l’altro, come una forma di spesa diretta, è necessaria un’analisi sugli effetti distributivi per comprendere se e quanto abbia realmente favorito la transizione giusta.
Mediante una analisi basata sui dati dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane condotta dalla Banca d’Italia nel 2022 su un campione rappresentativo di 9.641 famiglie italiane, abbiamo studiato alcune caratteristiche della distribuzione del beneficio del Superbonus 110% sulla popolazione. Ai fini del nostro studio, l’indagine realizzata nel 2022 è particolarmente utile in quanto include domande riferite al godimento di benefici fiscali legati alle ristrutturazioni di immobili e, in particolare, all’efficientamento energetico. Più precisamente l’analisi confronta reddito e ricchezza tra famiglie beneficiarie e non, tenendo conto anche delle aree geografiche di residenza.
I risultati a livello nazionale, riportati in Tabella 1, dimostrano che le famiglie beneficiarie del Superbonus 110% hanno, in media, reddito e ricchezza superiori rispetto alle famiglie non beneficiarie. In particolare, risulta che le famiglie non beneficiarie del Superbonus hanno un reddito netto medio annuo di circa 37.500 euro, mentre per le famiglie beneficiarie il reddito netto medio supera i 52.000 euro. Analogamente, la ricchezza media delle famiglie beneficiarie è più elevata (circa 433.000 euro) rispetto a quella delle famiglie non beneficiarie (circa 293.000 euro). Le famiglie beneficiarie inoltre possiedono una ricchezza immobiliare media maggiore (circa 327.000 euro) rispetto a chi non ha usufruito dell’incentivo (211.341 euro). Si rileva inoltre che le differenze fra ricchezze e reddito medio dei due gruppi considerati sono statisticamente significative.
Tabella 1: Reddito e ricchezza media dei beneficiari del Superbonus 110%
Fonte: Nostra elaborazione su dati di Banca d’Italia (SHIW)
Note: I valori tra parentesi sono gli errori standard delle medie pesate. La ricchezza immobiliare è qui considerata al lordo dei debiti, perché i dati non consentono di isolare le passività specifiche sugli immobili. Il valore riportato in tabella potrebbe dunque risultare sovrastimato rispetto al valore immobiliare effettivo.
L’analisi disaggregata per area geografica viene mostrata in Tabella 2 e, limitatamente al reddito, in Figura 1. La Tabella 2 riporta, oltre al confronto tra reddito e ricchezza di famiglie beneficiarie e non, anche la percentuale dei beneficiari nella popolazione. Si nota innanzitutto come il numero di beneficiari sia contenuto. Inoltre, le differenze tra il gruppo di beneficiari e le famiglie non beneficiarie permangono in tutte le aree geografiche, pur differendo in ampiezza. Al Nord i primi mostrano un reddito medio superiore di oltre 17.000 euro e una ricchezza media maggiore di oltre 100.000 euro rispetto ai non beneficiari. Si rilevano differenze notevoli anche al Centro, dove la ricchezza dei beneficiari è doppia, e nel Sud e Isole dove il reddito medio dei beneficiari supera di oltre il 50% quello dei non beneficiari. La Figura 1 mostra che, a prescindere dall’area geografica, i beneficiari del Superbonus 110% appartengono mediamente a fasce di reddito più elevate.
Tabella 2: Beneficiari del Superbonus 110% per ripartizione geografica
Fonte: Nostra elaborazione su dati di Banca d’Italia (SHIW)
Figura 1: Beneficiari del Superbonus 110% per ripartizione geografica
Fonte: Nostra elaborazione su dati di Banca d’Italia (SHIW)
Questi risultati sono rilevanti per il dibattito sulla transizione giusta e sull’equità delle misure di efficienza energetica; essi, infatti, mettono in luce come le politiche introdotte fino ad ora potrebbero aver favorito soprattutto i nuclei economicamente più avvantaggiati, aggravando le disparità esistenti. La valutazione del Superbonus 110% conferma questa tendenza: sebbene l’elevata aliquota di detrazione, la cessione del credito e lo sconto in fattura abbiano incentivato interventi su larga scala, e nonostante proprio la cessione del credito e lo sconto in fattura fossero stati inizialmente consentiti per generare progressività, estendendo anche a coloro con basso reddito – gli incapienti – la possibilità di beneficiare della misura, la distribuzione del beneficio non sembra aver realmente favorito una transizione rispettosa dei principi di giustizia sociale.
Alla luce di quanto emerso, la definizione di una policy che riveda l’architettura delle agevolazioni per l’efficienza energetica degli edifici con l’introduzione di strumenti efficaci e inclusivi appare necessaria per garantire una distribuzione equa delle risorse e un’efficace lotta alla vulnerabilità energetica, in conformità agli obblighi giuridici stabiliti dall’Unione Europea per gli Stati membri. Solo in questo modo sarà possibile dare piena concretezza al principio di sostenibilità in ogni sua declinazione, da quella sociale a quella ambientale