Finanza

Il Concordato Preventivo Biennale

Uno degli assi portanti della riforma fiscale impostata dal governo, secondo le sue stesse dichiarazioni, è il Concordato Preventivo Biennale (CPB). È rivolto ai contribuenti imprese e professionisti di dimensioni medio-piccole. Intende migliorare il rapporto tra il fisco e il contribuente e accrescere la correttezza dei comportamenti puntando, più che sulla deterrenza, sulla “premialità” nei confronti dei contribuenti più corretti.

Le finalità e le caratteristiche del CPB. Secondo le indicazioni ufficiali, il CPB intende:

  • Ridurre l’evasione, stimolando i contribuenti meno affidabili a dichiarare redditi più attendibili;
  • Agevolare il rapporto di fiducia tra fisco e contribuente, puntando sulla «premialità» per i comportamenti virtuosi, anziché sulla deterrenza, comunque poco efficace perché basata su pochi controlli;
  • Ridurre l’incertezza fiscale: aderendo al CPB i contribuenti conoscono in anticipo gli imponibili e le imposte del successivo biennio;
  • Ridurre il rischio di successivi controlli ed accertamenti;
  • Ridurre i controlli e il contenzioso;
  • Semplificare gli adempimenti.

La caratteristica saliente del CPB è di consentire a imprese e professionisti di concordare in anticipo l’imponibile Irpef e Irap per i due anni successivi (in prima attuazione, il 2024 e il 2025, ma la norma è a regime). In sintesi, il CPB:

  • È rivolto a tutti i contribuenti soggetti agli Indicatori Sintetici di Affidabilità (ISA). Si tratta di imprese o professionisti che, indipendentemente dalla forma giuridica, hanno ricavi o compensi inferiori a 5.164.569 euro;
  • È fruibile anche dalle imprese e dai professionisti che hanno aderito al regime forfettario, accessibile se i ricavi non superano 85.000 euro. In fase di prima applicazione è applicabile per il solo anno 2024 mentre dal 2025 ha valenza biennale come fin dall’inizio per i contribuenti soggetti agli ISA
  • La Agenzia delle Entrate (AdE) predispone una proposta di imponibili per Irpef e Irap, basata sulle informazioni utilizzate per il calcolo degli ISA e coerente con il massimo del punteggio di affidabilità.
  • Il contribuente accetta o rifiuta: non è previsto alcun contraddittorio.
  • Se accetta, ottiene vantaggi significativi in termini di accertamenti, compensazione di crediti d’imposta, rimborsi IVA.

Questi vantaggi sono quelli dell’impianto originario del CPB, sostanzialmente analoghi a quelli ordinariamente goduti da un contribuente con punteggio ISA molto affidabile (da 8 in su). Ma nella formulazione definitiva sono stati aggiunti due ulteriori vantaggi molto significativi: la tassazione agevolata sostitutiva dell’Irpef (e sue addizionali) per i maggiori redditi concordati rispetto a quanto dichiarato per il 2023; la possibilità di un “ravvedimento” per le annualità pregresse 2018-2022, con un costo modesto.

Il CPB è sostanzialmente un accordo preventivo tra il fisco e il contribuente sugli imponibili e le imposte future. La determinazione ex ante degli imponibili futuri da parte dell’AdE, utilizzando sistemi predittivi, e l’accettazione della proposta da parte del contribuente modificano radicalmente il tradizionale schema impositivo che, anche a livello internazionale, si fonda su: a) la determinazione ex-post della capacità contributiva effettiva; b) la presentazione di una dichiarazione e l’autoliquidazione delle imposte dichiarate; c) il successivo controllo dell’Amministrazione finanziaria (AF).

L’evoluzione in Italia delle misure volte all’emersione di imponibili. In Italia si sono succeduti diversi regimi fiscali per i contribuenti di dimensioni medio-piccole, volti a favorire l’emersione di redditi d’impresa e di lavoro autonomo non dichiarati.

La minimum tax adottata nei primi anni Novanta (1992-1994) mirava a “catastizzare” il reddito d’impresa e di lavoro autonomo, fissando per legge il reddito imponibile. Fu sostituita dagli studi di settore (1998-2018), che consentivano all’AF di emettere accertamenti presuntivi; non ne fu fatto un uso massivo, ma hanno svolto un ruolo positivo di deterrenza. Dal 2019 gli studi di settore sono stati sostituiti dagli ISA, ancora oggi in vigore, che interessano oltre 4 milioni di contribuenti. Gli ISA operano non sugli accertamenti ma sui controlli, riducendoli se il contribuente risulta più affidabile.

Gli ISA sposano infatti la strategia della “premialità”: non basta (anche se è indispensabile) reprimere l’evasione, bisogna anche incoraggiare i contribuenti a comportarsi correttamente. Gli ISA sono costituiti da una serie di indicatori elementari che valutano l’affidabilità del contribuente su una scala da 1 a10. Premiano i contribuenti più affidabili (con punteggio da 8 in su) escludendoli dagli accertamenti presuntivi e sintetici (redditometro), abbreviando i termini di decadenza per gli altri accertamenti, agevolando l’accesso ai rimborsi IVA e alla compensazione dei crediti d’imposta. Gli ISA non riducono in alcun modo l’imponibile, né l’imposta dovuta. Riguardano anni pregressi, cioè si applicano all’ultimo esercizio oggetto della dichiarazione fiscale.

Il contribuente può migliorare il suo punteggio ISA aumentando i ricavi e gli imponibili nella dichiarazione dei redditi: aumentando le imposte dovute, può conseguire il livello di affidabilità che gli consente di ottenere le premialità̀. Prima della scadenza per la dichiarazione dei redditi, l’AdE invia ai contribuenti meno affidabili delle “letterine” in cui evidenzia le incoerenze riscontrate sull’esercizio precedente, che operano come: a) deterrenza generica per il contribuente non corretto, informandolo che il fisco “sa” e lo “tiene d’occhio”; b) incentivo ad adeguare i ricavi e gli imponibili dichiarati per conseguire le “premialità” previste dalla normativa. Nel primo anno di adozione degli ISA (il 2019) questo adeguamento spontaneo fruttò circa 2 miliardi di euro di maggior gettito.

I precedenti del CPB. Il CPB ripropone analoghe misure adottate o proposte in passato da governi di centro-destra. L’idea di un concordato preventivo nacque con la Legge delega di riforma fiscale promossa dal ministro Tremonti (Legge 80/2003), ma non fu mai attuata. Con finalità di sperimentazione fu istituito il concordato preventivo per il biennio 2003-2004, per il quale il contribuente si impegnava a dichiarare incrementi (in una percentuale prefissata) dei ricavi e dei redditi del 2001; all’eventuale eccedenza del dichiarato rispetto al concordato si applicavano aliquote IRPEF ridotte, anticipando quelle (del 23 e del 33%) previste, a regime, dalla riforma Tremonti. La Legge finanziaria per il 2005, in sostituzione del concordato biennale, introdusse la pianificazione fiscale concordata, che prevedeva la definizione per un triennio della base imponibile mediante l’accettazione di una proposta dell’AdE. Mai applicata, fu abrogata dalla Legge finanziaria dell’anno successivo e sostituita dalla programmazione fiscale, anch’essa mai attuata e poi abrogata. Per questi istituti le proposte al contribuente erano elaborate sulla base degli studi di settore.

In conclusione, delle misure proposte, l’unica attuata fu il concordato biennale preventivo, in vigore nel 2003 e 2004. Interessò un numero esiguo di contribuenti: non fu ritenuto sufficientemente “appetibile”.

Queste misure cercano di far emergere negli esercizi futuri un maggior imponibile rispetto all’ultimo dichiarato, rinunciando a tassare il reddito effettivo futuro. Si differenziano quindi radicalmente dalle altre misure adottate in Italia negli ultimi decenni, che avevano l’obiettivo di far emergere il reddito effettivo degli anni precedenti (segnatamente l’ultimo). Del resto, prima della riforma Cosciani (1972-73) il concordato esisteva, ma era riferito all’ultimo esercizio chiuso, cioè a una realtà economica concretamente realizzata. Peraltro, i concordati preventivi sembrano non avere riscontri a livello internazionale.

L’attuale CPB riprende quindi interventi e proposte portati avanti da governi di centro-destra all’inizio del secolo. Oltre a condividere il carattere preventivo, che è la caratteristica fondamentale, esistono analogie sul piano tecnico. Alcune di quelle proposte si basavano sulle metodologie allora sviluppate (parametri e studi di settore) per definire gli imponibili futuri; oggi il CPB si basa sulla metodologia degli ISA. La legge delega di riforma (111/2023) ne aveva previsto l’abbandono. Invece, il CPB è imperniato proprio sulla metodologia degli ISA, non solo per formulare le proposte, ma anche per determinare l’importo del “ravvedimento” per gli anni pregressi e per applicare le aliquote dell’imposta sostitutiva sul maggiore reddito tra quanto concordato e quanto dichiarato nel 2023. Non sfuggirà però il radicale cambiamento nell’utilizzo degli ISA, nati per spingere gli imponibili dichiarati (ex-post) verso il reddito effettivo conseguito nell’esercizio appena chiuso, oggetto della prossima dichiarazione.

L’evoluzione del CPB. Nel 2024 il CPB ha subito, come ricordato, rilevanti cambiamenti. Inizialmente, i contribuenti con un’ISA inferiore a 8 erano esclusi. La logica era di accrescere con il CPB la “premialità” per i contribuenti più affidabili. In realtà, la premialità del CPB sostanzialmente coincideva con quella che ordinariamente spetta ai contribuenti con ISA pari almeno a 8. Quindi, vi era il ragionevole rischio di una scarsa adesione al CPB. Un contribuente «affidabile» non avrebbe avuto incentivi significativi all’adesione, a meno che non prevedesse con ragionevole certezza di conseguire imponibili effettivi per il 2024 (ormai, peraltro, pressoché definiti) e il 2025 nettamente superiori a quelli proposti dal CPB. Altrimenti, sarebbe restato nel regime ordinario.

Questa asimmetria nelle convenienze induceva a temere un basso grado di adesione. Il rischio di un ‘flop’ nelle adesioni, come era già era accaduto per il concordato preventivo del 2003-2004, ha aleggiato per tutto il 2024 e ha condizionato fortemente le scelte del governo.

A metà anno, è stata adombrata la minaccia di strumenti accertativi “pesanti”, come il redditometro, per chi non avesse aderito, ma è rapidamente tramontata per il forte dissenso all’interno della maggioranza di governo.

Si è poi imboccata la direzione opposta, cioè migliorare la “appetibilità” del CPB, ammettendo anche i contribuenti poco «affidabili», quelli con ISA inferiore a 8, che verosimilmente includono molti evasori seriali. Ma il ‘salto’ rispetto al reddito dichiarato nel 2023, e quindi il costo del CPB, sarebbe stato piuttosto elevato, scoraggiando l’adesione. Quindi, si è deciso che la differenza tra il reddito dichiarato per il 2023 e quello concordato con il CPB per i due anni successivi sia assoggettata a un’imposta sostitutiva, cioè a una sorta di flat tax agevolata, con aliquote del 10, 12 e 15 per cento in relazione inversa al punteggio ISA, in sostituzione dell’Irpef ordinaria e delle relative addizionali regionali e comunali. Questo «sconto» si è aggiunto alle altre premialità del CPB.

Ma perché un contribuente molto poco affidabile, un evasore seriale, avrebbe dovuto aderire al CPB? Costui ha probabilmente accettato da tempo il rischio di un accertamento, la cui probabilità è peraltro molto bassa, come confermano le ripetute affermazioni ufficiali sulla impossibilità di effettuare un numero adeguato di controlli. E non è molto interessato alla premialità, né da CPB, né da ISA.

Accogliendo un emendamento della maggioranza, è stato disposto il cosiddetto “ravvedimento” sugli anni passati: chi aderisce al CPB può sanare gli esercizi dal 2018 al 2022 con un costo molto basso, applicando aliquote comprese tra il 10 e il 15% a basi imponibili calcolate come maggiorazioni di quelle dichiarate, dal 5 al 50% in funzione inversa del punteggio ISA conseguito.

Il termine tecnico corretto non è “ravvedimento”, ma piuttosto “condono”. Infatti, mentre i “ravvedimenti”, come le “sanatorie”, consentono al contribuente di regolarizzare la sua posizione versando l’intera imposta dovuta, ma con sanzioni alleggerite o annullate, i “condoni” abbattono anche l’imposta dovuta. Ed è questo verosimilmente il caso per molti dei contribuenti che hanno aderito.

Il “ravvedimento” (ovvero, condono) sul passato può aver cambiato le valutazioni di convenienza: chi ha evaso negli anni precedenti (2018-2022) può aver trovato conveniente regolarizzare la propria posizione a costi modesti.

I contraddittori messaggi ufficiali. Per orientare le scelte dei contribuenti poco affidabili conta molto la percezione del rischio di controlli e accertamenti. In questo senso alcune ambiguità nelle posizioni ufficiali non hanno giovato al “successo” del CPB.

Tra queste, la levata di scudi estiva nella maggioranza sul redditometro e le precedenti molto autorevoli affermazioni sul «pizzo di Stato», nonché le ripetute invocazioni a favore della cosiddetta “pace fiscale”, le rottamazioni delle cartelle, le dichiarazioni ufficiali che il cambio di paradigma nell’introduzione del CPB è anche motivato dall’esiguità del numero di controlli possibili.

A ridosso della scadenza dei termini, il governo in modo insolito ha lanciato una campagna pubblicitaria per spingere all’adesione, con due spot televisivi, tra loro molto diversi: il primo è conciliante, il secondo molto minaccioso. Stessa distonia si rileva nelle lettere inviate ai contribuenti.

La contraddittorietà dei messaggi ufficiali non sembra aver aiutato l’adesione al CPB; in particolare, ventilare controlli “punitivi” contro chi non avesse aderito può aver avuto scarsa efficacia.

Nella seconda parte di questo articolo che sarà pubblicata sul prossimo numero del Menabò si illustreranno i risultati del concordato preventivo biennale, le sue criticità, anche rispetto ai principi costituzionali, e la possibile evoluzione nel futuro.