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Finanza

Il ponte sullo stretto. La leggendaria storia della fanta-opera e dei suoi pontificatori (seconda parte)

Qualche domanda. Ma il Sud non potrebbe utilizzare i circa 15 miliardi – che, come si è detto nella prima parte di questo articolo, sono previsti per la costruzione del Ponte – puntando su altri e molto più utili target di investimenti pubblici infrastrutturali nei dintorni dello Stretto? Non sarebbe più conveniente creare lavoro sanando il sottosviluppo strutturale? Le famose “classi dirigenti” del nostro meridione non potrebbero pretendere di investire in Calabria e in Sicilia per migliorare la gestione dell’acqua che vede servizi e infrastrutture oggi indegni di un grande Paese, per rendere efficienti reti ferroviarie e stradali oggi in condizioni ottocentesche, per scuole o servizi sanitari al collasso, per ridurre un dissesto idrogeologico diffuso e inchiodato allo “sfasciume pendulo sul mare” descritto un secolo fa da Giustino Fortunato? Le due Regioni non avrebbero l’obbligo di ridurre le fragilità suicide di una edilizia pubblica e privata in gran parte figlia dell’abusivismo fai-da-te che oggi non reggerebbe a scosse sismiche importanti? Quei finanziamenti, insomma, non potrebbero riscattare il Sud aprendo migliaia di cantieri per opere e interventi per prevenire e ridurre ogni pericolo, creando tanto lavoro e anche business per privati? Non sarebbe questo il miglior brand positioningper la politica? Perché si fatica a immaginare un brulicare di cantieri per manutenzioni e modernizzazioni che garantirebbero anche più consenso?

Ma oggi come si attraversa lo Stretto? L’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto, due anni fa presentò all’allora Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini, la programmazione dei nuovi servizi portuali e delle infrastrutture collegate alla rete trasportistica nazionale. Indicava, tra gli scali di Messina, Villa San Giovanni e Reggio Calabria, il transito medio annuo di oltre 10 milioni di passeggeri, 1.800.000 autovetture e 400.000 mezzi pesanti. A questi, si aggiungono altri 1.500.000 passeggeri e altri 800.000 tra mezzi pesanti ed autovetture sulle tratte Tremestieri-Villa San Giovanni-Reggio Calabria. Per tutti i trasferimenti vengono effettuate circa 100.000 corse con traghetti, navi ferroviarie e mezzi veloci-aliscafi per una media giornaliera della partenza di una nave ogni 5 minuti tra i vari porti. Al netto del traffico merci, in media ogni giorno transitano non meno di 20.000 passeggeri, circa un quarto sono pendolari tra le provincie di Messina e Reggio Calabria. E nei periodi estivi i flussi raddoppiano.

Con gli investimenti del Ministero è stata avviata la riqualificazione delle infrastrutture di accoglienza per i passeggeri nei porti di Villa San Giovanni e Messina. Per Villa San Giovanni sono stati realizzati nuovi scivoli per traghetti con due ormeggi in contemporanea per due navi traghetto e quattro per i mezzi veloci, con aumento del numero delle corse e riduzione dei tempi di attesa. Nei nuovi banchinamenti è prevista la nuova stazione marittima collegata con la stazione ferroviaria, con passerelle coperte fino agli imbarchi e su un piano sfalsato rispetto al piano stradale, con opere concluse entro il 2025.

A Messina è programmata la riqualificazione degli spazi portuali per spostare tutti gli ormeggi dei mezzi veloci in un’unica stazione marittima passeggeri integrata con le ferrovie, con percorsi pedonali protetti. Per i mezzi veloci per il traffico pendolari saranno realizzati due pennelli di accosto. Verranno potenziati gli ormeggi dei traghetti raddoppiando gli scivoli e sistemando la viabilità di accesso in porto. Anche in questo caso, i lavori saranno conclusi nel 2025. Con i finanziamenti del “Fondo complementare per l’efficientamento e la transizione energetica” sono previsti interventi di elettrificazione delle banchine di tutti i porti entro il 2026. E altri interventi miglioreranno l’accoglienza e i collegamenti per sostenere lo sviluppo della portualità e della logistica per il rilancio dell’economia dei territori.

Per l’ANAC serve la nuova gara per non violare norme UE. Il decreto legge N. 35 sul Ponte sullo Stretto di Messina, essendo entrato in vigore facendo proprio il progetto dei privati del 2011, ha determinato una posizione di vantaggio del Contraente generale privato. È stato riconosciuto come valido nel 2023 il progetto del 2011, evitando la gara pubblica, senza aver risolto il contenzioso precedente”. Parole e monito del Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Giuseppe Busia. Il 18 aprile del 2023, nell’Audizione alla Camera dei Deputati sul Decreto Ponte, aveva già messo in guardia Governo e Parlamento dal concedere “vantaggi giuridici ed economici” al Contraente generale, senza aver prima definito e risolto il contenzioso in corso per 700 milioni di euro contro lo Stato come risarcimento per la liquidazione dell’infrastruttura nel 2013, chiedendo almeno l’introduzione di specifici obblighi in capo al Contraente trasferendogli eventuali rischi connessi all’opera per evitare che restino in capo alla parte pubblica. Con estrema chiarezza, Busia ha spiegato che “con il Decreto Ponte è stato assegnato al privato un notevole potere contrattuale che va bilanciato…In caso contrario, basterà una semplice relazione del privato per determinare le modifiche e gli adeguamenti necessari al ponteInoltre il Decreto fa accettare al pubblico il progetto dei privati, senza chiedergli di rinunciare al contenzioso in corso con lo Stato, e non stabilisce obblighi in capo al Contraente generale sui tempi di realizzazione dell’opera, i costi, l’assunzione di tutti i rischi”.

Busia richiama anche l’attenzione sui vincoli europei, spiegando: “se si vuole evitare la nuova gara occorre rispettare quanto previsto dall’articolo 72 della direttiva europea, la decisione di non fare la gara sta in piedi (…) solo se non si aumentano i costi oltre il 50% di quanto originariamente previsto. Altrimenti le decisioni del contraente privato potranno comportare oneri nuovi e sconosciuti per lo Stato. È lo stesso soggetto che detiene il progetto, che dice allo Stato cosa modificare, stabilendo quindi i costi. Suggerisco al Parlamento di modificare questa parteChiediamo, inoltre, di inserire nel decreto obblighi precisi in capo al Contraente generale, sui tempi di realizzazione, sui costi, sull’assunzione dei rischi, e anche di controllare gli eventuali subappalti, così da evitare nocivi subappalti a cascata. Chiediamo che l’intero iter dell’opera sia trasparente e controllabile”.

Per l’ANAC, quindi, sarebbe indispensabile procedere con una nuova gara. C’è poi da aggiungere anche l’incertezza sui costi: se il Documento di Economia e Finanza inserisce la cifra di 14,6 miliardi come spesa complessiva da oggi al 2032 – 13,5 miliardi per l’infrastruttura-ponte più 1,1 miliardi per collegamenti ferroviari coast to coast più quelli stradali -, e se l’Ad della “Stretto di Messina Spa” Pietro Ciucci nega violazioni di norme Ue, la cifra esatta è ancora attesa con la relazione sul costo finale dell’opera. Ma in ogni caso, siano 13,5 o 14,6 i miliardi da spendere, la cifra supera del 50% il vincolo Ue per il capitolato d’appalto originario e renderebbe la spesa palesemente in violazione delle norme europee. L’Italia vuole rischiare l’ennesima procedura di infrazione europea? E pende anche il ricorso annunciato dal Wwf in sede europea per “l’assegnazione dell’opera senza gara di appalto avvenuta grazie ad una sottostima dei costi, la violazione delle direttive Habitat e Uccelli e quindi delle normative su Rete Natura 2000, la mancata applicazione della procedura di Valutazione Ambientale Strategica”.

Corte dei Conti: il ponte svaluta conti ANAS e serve la gara. Nella delibera 143 del 4 dicembre scorso nella Relazione sulle attività di controllo della gestione finanziaria di Anas 2023 la Corte dei Conti scrive: “Il valore della partecipazione nella società “Stretto di Messina”, al 31 dicembre 2023, presenta una svalutazione per 69,172 milioni di euro”. L’operazione Ponte sullo Stretto ha aperto quindi una prima voragine di perdite per la “non corretta valorizzazione” della sua partecipazione alla Spa “Stretto di Messina”. La relazione lancia un alertfinanziario, ma anche i magistrati contabili chiedono la conformità alle regole europee che oggi non prevedono rinnovi automatici di contratti nel caso superino del 50% il costo della prima gara e indica come indispensabile una nuova gara. Anas, rileva la Corte dei Conti, nel suo bilancio non cita questo suo colossale rischio d’impresa certificando il business del Ponte da oggi fino all’anno 2052. E rileva possibili danni derivanti dal Decreto che nel 2023 ha rimesso in piedi la vecchia società facendo rivivere i vecchi contratti con il Consorzio Eurolink, considerati “caducati” dal governo Monti. Sul contenzioso avviato dieci anni fa con lo Stato per un risarcimento da 700 milioni di euro, i giudici in primo grado hanno dato peraltro ragione allo Stato. E i magistrati contabili avevano già allertato Anas e la Stretto di Messina Spa ricordando nella Relazione che: “la non corretta valorizzazione era stata oggetto di specifico intervento del magistrato delegato al controllo il quale faceva rilevare come il progetto di bilancio 2022 ometteva l’analisi dei costi funzionali al riavvio dell’opera di collegamento stabile tra Sicilia e Calabria esplicitamente richiesta dal decreto-legge del marzo 2023. Infatti, nonostante il medesimo decreto avesse introdotto il principio di rilevanza dei soli costi funzionali al riavvio della citata opera, il cda di Anas ha approvato il progetto di bilancio 2022 che replicava la valorizzazione di Stretto di Messina Spa seguita negli anni precedenti con una quantificazione indistinta dei costi sostenuti dalla Stretto di Messina”. Da qui il danno da oltre 69 milioni per l’Anas.

I ricorsi al TAR di comuni e associazioni. Nessuna valutazione strategica, non sono state previste né l’opzione zero né le soluzioni alternative, è palese l’insussistenza del presupposto dell’emergenza o dell’urgenza che giustifica i decreti del governo, ci sono violazioni di direttive europee e di leggi nazionali, e anche dell’articolo 9 della Costituzione che “Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. Con 49 pagine e 15 motivi di ricorso, il Comune di Villa San Giovanni e la Città Metropolitana di Reggio Calabria hanno impugnato di fronte al TAR il parere positivo con il quale la commissione VIA-VAS, l’organo indipendente che esamina tutti i progetti e le opere infrastrutturali, verificandone la valutazione strategica e l’impatto ambientale ha dato via libera con prescrizioni al progetto del Ponte sullo Stretto e all’annuncio dell’apertura dei primi cantieri nel 2025. Il ricorso potrebbe produrre una sospensiva.

Lo Stretto, spiegano i ricorrenti, è un patrimonio unico celebrato nella letteratura mondiale come “visione incomparabile” e “…un’immane infrastruttura…deroga ai piani urbanistici vigenti dei Comuni nel cui territorio insiste e, quindi, comporta la modifica della pianificazione urbanistica di tutto il territorio interessato”. Sarebbe stata necessaria una “valutazione strategica”, vagliando anche l’ipotesi della mancata costruzione dell’opera; invece, c’è solo una “valutazione di impatto ambientale…condotta sulla base di documentazione anacronistica ed inattuale”. Uno studio più approfondito “si rivela necessario” sulle ricadute sulla navigazione e sulle attività economiche e commerciali collegate, a partire dal Porto di Gioia Tauro poiché “… l’altezza di 65 metri del ponte impedirebbe il passaggio delle navi da crociera (con compromissione della navigazione turistica) e delle navi portacontainer, con incalcolabili conseguenze sulla navigazione commerciale del Mediterraneo. Ma soprattutto mancano i presupposti per la decretazione d’urgenza, utilizzata per ricapitalizzare la società Stretto di Messina, in liquidazione da undici anni. “Non si comprende quale sia la necessità e l’urgenza di realizzare un’opera che…non è obiettivamente realizzabile”.

Il parere della commissione VIA-VAS nel ricorso è considerato “illogico” perché rinvia alla progettazione esecutiva la definizione di aspetti fondamentali. “È evidente che gli studi sismologici e tettonici debbano essere completi già in sede di progettazione definitiva” come quelli “idrologici e idrochimici” o “l’individuazione dei siti di stoccaggio dei detriti”. E ancora: “Come può valutarsi l’impatto ambientale di un’infrastruttura viaria senza neppure conoscere le previsioni di traffico da cui sarà interessata, con il conseguente inquinamento?” Fanno emergere come grave, pericoloso e in palese violazione del principio di precauzione, di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, di una direttiva europea e di una norma nazionale che non sia stata valutata la presenza di una faglia attiva nell’area del pilone a Cannitello, sulla sponda calabrese. Sul punto, c’è stato un “difetto assoluto di istruttoria e di motivazione”, e alle contestazioni si è risposto con “irrazionalità ed illogicità manifeste”.

Il ricorso, come quelli presentati al Tar da Wwf e da comitati locali, individua nel parere espresso dalla Commissione VIA-VAS profili di “dubbia costituzionalità, vizi di violazione di legge ed eccesso di potere”, e rischi nella “Tutela del paesaggio quale valore costituzionale, tutela degli espropriandi, di un’eterna incompiuta con ricadute nefaste inimmaginabili per la sopravvivenza dello stesso tessuto sociale metropolitano”.

Ma, nonostante tutto questo, il ponte ‘si farà’.

Makkox per il Ponte sullo stretto su Propaganda Live La7