la-disuguaglianza-di-reddito-tra-gli-europei-a-cavallo-tra-due-crisi
Finanza

La disuguaglianza di reddito tra gli europei a cavallo tra due crisi

Secondo un nostro recente studio la disuguaglianza tra i redditi disponibili di tutti i cittadini europei è diminuita negli anni compresi tra la crisi finanziaria e la crisi da Covid, cioè tra il 2007 e il 2019. Questo risultato sembra contraddire la diffusa percezione che nel corso degli anni ’10 di questo secolo in molti paesi europei, soprattutto quelli mediterranei, i redditi abbiano ristagnato e, soprattutto, la  sia aumentata mentre le condizioni di vita dei ceti più abbienti, soprattutto quelli urbani, siano divenute più opulente.

Ciò rende necessario un chiarimento. La disuguaglianza nel reddito qui viene calcolata includendo tutti i cittadini europei in un’unica distribuzione, sia gli abbienti dei paesi scandinavi sia i loro pari meno agiati dei paesi dell’allargamento a Est. Quindi, la disuguaglianza tra i (circa) 445 milioni di cittadini europei risulta dalla combinazione della disuguaglianza all’interno dei paesi dell’UE e della disparità tra i redditi medi dei paesi. Dallo studio citato risulta che, mentre le disuguaglianze sono aumentate all’interno di alcuni paesi UE, i redditi medi, inizialmente bassi, dei paesi di più recente accesso nell’UE sono cresciuti abbastanza da raccorciare le distanze esistenti con quelli degli altri paesi, contribuendo così al contenimento delle disuguaglianze tra tutti i cittadini europei.

Interrogarsi sulla distribuzione del reddito nell’UE nel suo complesso, sebbene possa apparire artificiosa, in realtà ha due vantaggi. Da un lato l’analisi della disuguglianza tra paesi è un buon indicatore del funzionamento dell’Unione, utile per valutare l’attuazione del principio di coesione territoriale cioè la tendenza alla convergenza o divergenza dei redditi tra paesi, come già discusso sul Menabò. Tale valutazione è sempre più rilevante perché l’ampliamento del raggio di azione delle politiche dell’UE a seguito del COVID è potenzialmente in grado di influenzare la formazione dei redditi dei cittadini dell’Unione.

Dall’altro, con la libertà di movimento e l’aumento della mobilità interna dei cittadini UE, sono sempre più numerose le famiglie che per valutare il proprio benessere prendono a riferimento le condizioni economiche nell’intera Unione, anche estrapolando le loro valutazioni sulla distribuzione del reddito nell’UE. Quindi criteri di giustizia sociale, valutazioni sulla convergenza tra i redditi dei cittadini UE e riconoscimento del possibile raggio d’azione politica della UE spingono a prestare attenzione a come sono distribuiti i redditi nell’intera Unione (e un ragionamento simile può essere applicato alla disuguaglianza di opportunità nell’UE, come discusso qui).

Tornando a quanto si è detto in apertura, dai principali indicatori di disuguaglianza risulta che tra il 2007 e il 2019 la distribuzione del reddito nell’UE è diventata più egualitaria, come segnalato dalla riduzione del 9% del coefficiente di Gini e del 12% dell’indice di Theil. I dati utilizzati sono quelli dell’indagine EU-SILC (con i redditi corretti per tenere conto della parità di potere d’acquisto tra i vari paesi) e sono rappresentativi dell’intera popolazione UE, con l’esclusione delle famiglie di pensionati (ovvero, quelle in cui il capofamiglia, percettore del reddito più alto, ha oltre 64 anni di età).

Le ragioni di tale miglioramento nella distribuzione, che segue quello già documentato sul Menabò fino al 2015, possono dipendere sia dalla dinamica dei redditi di mercato (principalmente lavoro, ma anche capitale) sia dalla redistribuzione, in capo ai sistemi di welfare nazionali (si ricordi che il periodo considerato esclude le intense misure redistributive messe in campo da tutti i paesi dell’UE per rispondere alle conseguenze economiche della pandemia).

A tale proposito nel nostro studio abbiamo applicato un metodo di scomposizione che porta alla conclusione che il motore principale della riduzione della disuguaglianza è stata una convergenza dei redditi di mercato tra paesi UE di entità tale che di per sé avrebbe condotto a una riduzione della disuguaglianza nei redditi disponibili superiore a quella effettivamente verificatasi (Figura 1). Un ruolo molto più limitato,ma comunque positivo, hanno giocato sia la dinamica delle disuguaglianze nei redditi di mercato all’interno dei paesi, sia le imposte. Ad aggravare le disuguaglianze hanno, invece, concorso i trasferimenti monetari del welfare; la loro efficacia nel ridurre le disuguaglianze di mercato – e, quindi, nel condurre a redditi disponibili più egualitari – era maggiore nel 2007 rispetto al 2019.

Figura 1: Scomposizione della variazione di disuguaglianza nei redditi disponibili delle famiglie UE (2007-2019). Indice di Theil.

Nota: radice quadrata della dimensione familiare come scala di equivalenza. Redditi corretti per la parità dei poteri d’acquisto. Famiglie pensionate escluse. Croazia esclusa

Dietro queste dinamiche vi sono anche tendenze economiche di lungo periodo, tra cui il recupero dei paesi dell’Est Europa, spesso agevolato dalla delocalizzazione di imprese dell’Ovest (manifattura e servizi digitali) e dalla forte attrazione di capitali da parte dei paesi dell’Est contestualmente alla stagnazione economica dei paesi del Mediterraneo. Queste macrodinamiche hanno fatto sì che i redditi medi di mercato dei paesi meno ricchi dell’Est crescessero più velocemente di quelli dei paesi più ricchi con la conseguenza di ridurre i divari di reddito tra i cittadini UE. La conferma viene dall’osservazione dei tassi di crescita dei redditi dei vari percentili e della loro composizione nazionale (Figura 2).

I redditi dei percentili più bassi della distribuzione a livello UE sono cresciuti in maniera sostenuta nel periodo 2007-2019, decisamente più di quelli della classe media. Questa dinamica è osservabile sia per i redditi disponibili, tenendo quindi conto di tasse e trasferimenti, ma ancora più chiaramente per i redditi di mercato; particolarmente significativo è che il reddito del 25° percentile è cresciuto in termini reali di quasi il 30% (da 6.564 euro nel 2007 a 8.409 euro nel 2019, in Parità di Potere d’Acquisto e controllando per l’inflazione). Anche i redditi dei super -ricchi sono cresciuti di più della classe medio-alta, come dimostra la crescita del 99° percentile (+11% per il reddito di mercato e +6% per il reddito disponibile)

Figura 2: Curva della crescita in UE, redditi disponibili (blu) o di mercato (arancio).

Nota: radice quadrata della dimensione familiare come scala di equivalenza. Redditi corretti per la parità dei poteri d’acquisto ed espressi in termini reali. Famiglie pensionate escluse. Croazia esclusa.

Figure 3: distribuzione dl reddito disponibile UE per paese, 2007(sopra) e 2009 (sotto)

Nota: radice quadrata della dimensione familiare come scala di equivalenza. Redditi corretti per la parità dei poteri d’acquisto ed espressi in termini reali. Famiglie pensionate escluse. Croazia esclusa.

Queste tendenze si riflettono sulla posizione dei paesi nella distribuzione del reddito a livello UE (Figura 3). Mentre nel 2007, i paesi dell’Est e la Polonia erano predominanti nella coda bassa della distribuzione dei redditi UE, nel 2019 una componente consistente dell’ultimo terzile è composta da famiglie iberiche (20%) e italiane (14%). A loro volta i paesi dell’allargamento a Est che nel 2007 rappresentavano solo il 20% della classe media europea (il terzile di mezzo) nel 2019 superano il 30%. Francia e Germania restano predominanti nella coda alta ma sono meno rappresentate nella classe media dell’UE.

Quindi, i risultati raggiunti nel nostro studio sono così riassumibili: la distribuzione del reddito nell’UE è più equilibrata, frutto di un processo di crescita dei redditi medi di mercato nei paesi più poveri accompagnato, però, da una redistribuzione a livello nazionale meno efficace nel ridurre le disuguaglianze di reddito tra i cittadini UE.

Restano però incognite le dinamiche prevalenti sviluppate durante e dopo il periodo del Covid, durante il quale l’azione redistributiva a livello sia nazionale sia di Unione si è decisamente rinforzata a fronte di redditi di mercato congelati o crollati in seguito al blocco dell’attività economica.