Le opportunità del lavoro agile nel sostenere i progetti genitoriali*
Negli ultimi cinquant’anni, nei paesi ad alto reddito, il tasso di fecondità, ossia il numero medio di figli per donna in età fertile, è rimasto al di sotto della soglia di rimpiazzo di 2,1, il livello necessario per mantenere stabile la popolazione. La combinazione tra bassa natalità persistente e aumento dell’aspettativa di vita sta facendo salire significativamente l’età media della popolazione e l’indice di vecchiaia, ovvero il rapporto tra anziani e giovani. Il progressivo invecchiamento demografico e la conseguente riduzione della forza lavoro pongono sfide sempre più rilevanti per la sostenibilità dei sistemi pensionistici, dell’assistenza sanitaria e della previdenza sociale, ampiamente finanziati dai contributi della popolazione attiva.
Sono state avanzate diverse spiegazioni per il fenomeno della denatalità. Senza entrare nel merito, è particolarmente significativo che, nonostante la diffusa preferenza per una famiglia con due figli, il numero effettivo di figli avuti al termine dell’età riproduttiva sia inferiore. Questo divario suggerisce la presenza di barriere strutturali che ostacolano il raggiungimento della dimensione familiare desiderata (Sobotka e Beaujouan in Population and Development Review, 2014) e al tempo stesso apre uno spazio di intervento per la politica. Affrontando questi vincoli e supportando le persone nel realizzare i propri obiettivi di pianificazione familiare, i tassi di fecondità potrebbero avvicinarsi ai livelli di sostituzione, contribuendo ad alleviare la pressione sulle finanze pubbliche (Gauthier in Population Research and Policy Review, 2007).
La ricerca ha individuato nell’incertezza economica, nel lavoro precario, nelle disparità di genere nei carichi di cura e nelle difficoltà di conciliazione tra vita e lavoro – soprattutto per le donne – i principali ostacoli alla pianificazione familiare nei paesi ad alto reddito. Per le donne altamente qualificate, i costi-opportunità legati alla maternità sono particolarmente elevati, poiché le carriere spesso premiano la disponibilità a rispondere a richieste dell’ultimo minuto e a sostenere orari lunghi, serali o antisociali, tutti elementi difficili da conciliare con la vita familiare (C. Goldin in American Economic Review, 2014). Tuttavia, la pandemia di COVID-19 ha favorito la diffusione su larga scala di una modalità di lavoro in precedenza poco praticata, ma con un potenziale significativo nel facilitare la conciliazione tra vita e lavoro, soprattutto per i lavoratori altamente qualificati: il lavoro agile.
Nell’ambito di una ricerca più ampia sulle opportunità legate a una maggiore adozione del lavoro agile, ho esplorato come, nelle coppie di lavoratori, la presenza di un progetto di diventare genitori entro i successivi tre anni vari in base alla possibilità e alla frequenza di lavoro remoto dei partner. I risultati mostrano come, quando un partner ha più flessibilità nel proprio luogo di lavoro rispetto all’altro, la sua maggiore disponibilità ad assumere le mansioni di cura influisca sull’intenzione di ciascun partner di avere un (altro) figlio.
Utilizzando i dati del Generations and Gender Survey (GGS-II) raccolti durante il periodo post-pandemico in sette paesi europei (Germania, Paesi Bassi, Austria, Estonia, Croazia, Finlandia e Regno Unito), ho analizzato un campione di 16.000+ individui in coppie con doppio reddito. Ho adottato la metodologia dell’Inverse Probability Weighted Regression Adjustment (IPWRA), che permette di confrontare i progetti genitoriali di chi lavora in modalità agile o ibrida con quelli di rispondenti che lavorano esclusivamente in presenza, ma che hanno caratteristiche simili – per esempio in termini di genere, età, livello di istruzione, categoria professionale, paese etc. Questo approccio, considerato doppiamente robusto, consente di esplorare la relazione tra il lavoro da remoto e la propensione a pianificare una gravidanza in un quadro analitico che riduce al minimo i fattori di distorsione.
L’analisi evidenzia come il lavoro da remoto abbia un impatto significativo sulle intenzioni genitoriali, ma diverso a seconda del genere. Quando sono le sole a lavorare da remoto nella coppia, le donne mostrano una probabilità di pianificare una gravidanza superiore del 40% rispetto alla media delle altre configurazioni lavorative dei partner. Questo risultato suggerisce che la flessibilità nel lavoro aiuti le donne a conciliare meglio vita professionale e familiare, dato che gravano su di loro maggiori responsabilità di cura.
Al contrario, quando gli uomini sono gli unici a lavorare da remoto nella coppia si registra una riduzione del 19-23% nelle intenzioni genitoriali rispetto alla media delle altre configurazioni familiari. Diversamente, quando è l’uomo a lavorare da remoto (almeno due volte a settimana), le donne che lavorano esclusivamente in presenza mostrano una propensione a pianificare una gravidanza più alta del 36%. Questi risultati possono spiegarsi con l’aspettativa che se un uomo lavora da casa il suo coinvolgimento nelle responsabilità familiari sarà maggiore, con un conseguente riequilibrio dei carichi di cura.
Un risultato interessante riguarda le coppie in cui entrambi i partner lavorano da remoto. In questi casi non emergono variazioni significative nelle intenzioni di avere figli, un risultato che suggerisce che livelli simili di flessibilità lavorativa all’interno della coppia, anche se elevati, non incidono sulle dinamiche di coppia in maniera sufficiente da alterarne anche i progetti genitoriali. Questo risultato potrebbe riflettere la persistenza di una divisione tradizionale dei ruoli domestici anche quando entrambi i partner hanno maggiore flessibilità lavorativa.
Oltre al lavoro agile, emergono altri fattori strutturali che influenzano la pianificazione familiare. L’età e la stabilità economica giocano un ruolo determinante, così come il supporto sociale fornito da reti di amici e parenti. La soddisfazione nella relazione di coppia si rivela uno dei predittori più forti dell’intenzione di avere figli, mentre trovarsi in ristrettezze economiche sembra avere un’influenza limitata.
Questi risultati sottolineano il potenziale del lavoro agile come strumento per migliorare l’equilibrio tra vita lavorativa e familiare e per supportare la natalità. Facilitare il lavoro agile sia per le donne che per gli uomini può rendere più agevole la conciliazione, può favorire una divisione più equa delle responsabilità domestiche e di cura, e può ridurre i costi opportunità in termini di carriera delle donne – una barriera strutturale cruciale per i progetti di genitorialità. Tuttavia, il calo osservato nelle intenzioni di fecondità degli uomini quando sono gli unici a lavorare in modalità agile complica le cose e rende difficile fare previsioni sull’effetto di un maggior ricorso al lavoro agile sulla fecondità effettiva, data la necessità di allineare i desideri genitoriali dei partner.
Nonostante le opportunità, il lavoro agile, da solo, non può essere sufficiente per elevare i tassi di natalità – anche considerando il fatto che il lavoro agile non è praticabile in ogni tipo di occupazione. La precarietà lavorativa, i servizi all’infanzia limitati, la mancanza di un’equa distribuzione nei congedi parentali e le aspettative sociali che le donne debbano gestire sia le responsabilità professionali che quelle domestiche rimangono importanti ostacoli ad una maggiore fecondità. Tuttavia, i nostri risultati dimostrano il potenziale del lavoro agile in una strategia più ampia di supporto alla natalità.
A differenza di interventi che richiedono un significativo impiego di risorse pubbliche, quali l’ampliamento dei servizi all’infanzia o l’introduzione di un congedo di paternità di durata maggiore, la promozione del lavoro agile rappresenta una politica a costo contenuto. Facilitare il lavoro agile richiede infatti semplicemente la protezione del diritto a richiedere che la propria attività possa essere svolta in modalità agile o ibrida, laddove compatibile con il tipo di professione. Misure simili sono già state adottate in Italia per proteggere il diritto a lavorare da remoto dei lavoratori fragili e dei genitori di figli minori di 14 anni durante il periodo pandemico, e normative a protezione della possibilità di lavorare da remoto laddove compatibile con la professione sono state adottate in altri paesi, e.g. i Paesi Bassi. Seguire l’esempio di questi paesi nel regolamentare e stabilizzare il lavoro agile potrebbe rappresentare un passo concreto verso una migliore conciliazione tra vita lavorativa e familiare, contribuendo anche a sostenere la natalità.
* Questo articolo utilizza dati provenienti dal Generations and Gender Programme (www.ggp-i.org). Il Generations and Gender Programme ha ricevuto finanziamenti dalla Commissione Europea, dai membri del suo Consorzio e dagli Enti Nazionali di Finanziamento, ai quali va il mio sincero ringraziamento.